Massimo
--- CAPONORD in Sicilia occidentale (2/2) ---
La mattina si annuncia più calda della precedente. Il termometro di Mazinga segna circa 22 gradi. I ragazzi sono pronti, fatta eccezione per Leo che ci fa sempre attendere un pochino di più… Sarà l’età?

Gibellina, 6.930 abitanti, 378 m.s.m, si è sbriciolata; solo alcune abitazioni costruite in cemento armato hanno offerto giusta resistenza al terremoto. Il 90 % delle opere sono distrutte. Per raggiungere quel che rimane del paese, si devono percorrere sette chilometri a piedi, la strada è franata con profondi avvallamenti e ricoperta da uno strato spesso di ghiaccio.
Salaparuta, 3.800 abitanti, 340 m.s.m., distante circa un chilometro da Gibellina, ha subito le medesime conseguenze. La ferrovia a scartamento ridotto è interrotta in più punti. La zona è raggiungibile solo in elicottero.
Il 90% delle abitazioni sono macerie, opere cancellate, lesionate o comunque non recuperabili.
Montevago , 2.000 abitanti, : 800 abitazioni distrutte ridotte a rovine che ostruiscono gli accessi al paese, le vie interne sono impraticabili.
S.Margherita Belice, 6.700 abitanti, l’80% delle case distrutte, numerose le opere d’arte scomparse.
Poggioreale, 3.200 abitanti, 406 m.s.m., il 50% delle abitazioni distrutte o inagibili.
Santa Ninfa, 6.500 abitanti, 466 m.s.m, distrutte il 70 % delle abitazioni, le rimanenti sono inagibili.
Salemi, risultano distrutte il 25 % delle abitazioni.
Poggioreale viene abbandonato ed interamente ricostruito, come del resto Gibellina e Salaparuta, in una dimensione urbanistica completamente differente, più moderna, più sicura, come per prendere le distanze dagli eventi catastrofici e dai paesi distrutt . Ma i paesi originari sono ancora lì, abbandonati e semi distrutti, fantasmi inequivocabili della tragedia di trent’anni fa. Poggioreale vecchio è davvero suggestivo. Due cancelli sbarrano l’ingresso al paese da due lati opposti si respira un’atmosfera irreale. Due cavalli, uno bianco ed uno nero, passeggiano dentro la città che potrebbe tranquillamente essere il set di un film tanto è suggestiva. Le rovine, le strade erbose e deserte, i campanili silenti, le case dagli occhi bui e dai muri sventrati; sono ancora lì per testimoniare gli eventi di quei giorni, per dar voce a coloro che non ci sono più. Siamo attoniti. Procediamo per Gibellina, dove scopriamo una la colata nivea che ricopre l’antica Gibellina, a monito e memoria per le generazioni future. Ci racconteranno, nel paese nuovo, che la “colata di cemento armato” che ricopre la vecchia Gibellina, fu realizzata demolendo quello che restava del paese e coprendo tutto con un grande "velo" solcato da crepe in corrispondenza delle vie del vecchio tracciato urbano. Restiamo un po’ sconcertati, come a voler comprendere il significato dell’opera. Mi lancio in un azzardo… Il cemento basso difficilmente verrà distrutto dal prossimo terremoto, e sicuramente non crollerà. La caparbietà degli uomini nei confronti della forza della natura… I ragazzi, mentre vagheggio con la mia teoria mi guardano e continuano a mangiare il loro panino… Le moto ci aspettano. Segesta è vicina e dobbiamo necessariamente raggiungerla. Mi rendo conto adesso che, preso come sono dalla suggestione del luoghi del terremoto (sono un geofisico e mi sono per lungo tempo occupato di sismologia, quindi il vecchio mestiere ogni tanto affiora…) ho tralasciato di raccontare la spettacolarità delle strade. È tutto un andirivieni di curve e tornanti, in un contesto suggestivo. Assolutamente da percorrere, ne vale davvero la pena. Da Gibellina procediamo per Segesta. Sul luogo, molto conosciuto, ogni commento è superfluo. Nel bel mezzo di una valle c’è un magnifico tempio e, poco lontano un teatro greco. La visita è obbligatoria, e non sarà difficile trovare lunghe e dettagliate spiegazioni. Da Segesta dobbiamo raggiungere il nostro bed&breakfast che si trova a Scopello. Enzo ha al solito individuato una strada spettacolare, che passando per Badia Grande, con alcuni pezzi di sterrato poco impegnativo (ma da percorrere preferibilmente con Mazinga o BMW GS). Si arriva a Scopello dall’alto e si gode la vista suggestiva della Riserva Naturale dello Zingaro, del mare. Scopello è forse il luogo più suggestivo e pittoresco dell'intero golfo di Castellammare. E' un piccolo borgo sorto verso la fine del settecento attorno al baglio, sul sito di un precedente casale arabo. In basso, nella stupenda cala limitata dai faraglioni e protetta da vecchie torri di avvistamento, si trova la tonnara, conosciuta da tempo immemorabile (è citata in documenti del 1200) ed attiva fino a pochi anni addietro, con il baglio, gli edifici e i magazzini. Purtroppo tira un vento fortissimo. Ci inerpichiamo con le moto per un irto sentiero (solo per enduristi, se avessi avuto ancora la moto da strada non sarei passato) che ci porta al nostro agriturismo. Il posto è bellissimo, completamente ristrutturato e le ragazze fanno a gara e chi si aggiudicherà la stanza più suggestiva. Dato che ormai è abbastanza tardi e che per me, ancora poco esperto nell’off-road scendere di sera lungo un sentiero molto sterrato non è semplicissimo, decidiamo di mangiare una pizza che con Emilio andiamo a recuperare al paesetto sottostante. La notte è bellissima perché il vento rende tutto più terso. Purtroppo la piccola vacanza volge al termine: domani si rientrerà a Catania.
La domenica parte “lentamente”. È il giorno del rientro e non vogliamo stressarci… Una abbondante colazione a Scopello, una breve escursione alla Riserva dello Zingaro, e via lungo la strada che, passando per la Tonnara di Bonagia ci porterà ad Erice. Su Erice è stato già detto tutto, e vi suggerisco di verificare con i vostri occhi quanto questo paesino medievale possa essere magico… La Tonnara di Bonagia è un posto molto suggestivo, con una splendida vista sul mare e con un museo dedicato alla mattanza dei Tonni. Tra il diciottesimo e l’inizio del ventesimo secolo in Sicilia opravano circa ottanta tonnare, distribuite praticamente lungo tutti i mille e trentanove chilometri di costa. Nella Sicilia settentrionale e nord occidentale, dal Peloro al Lilibeo venivano calati gli impianti "di corsa", che catturavano i tonni intercettandoli nel loro viaggio d’amore alla ricerca di mari dove accoppiarsi e riprodursi; lungo le coste ioniche e sul versante meridionale, da Siracusa a Mazara, si pescavano i tonni "di ritorno" lanciati verso quelle colonne d’Ercole dalle quali erano entrati in Mediterraneo contemporaneamente all’apparire delle Pleiadi in cielo. Tutto un mondo girava attorno a quelle tonnare, che rappresentavano un microcosmo in cui scienza, mistero, economia, mito, tradizione, storia e cultura si miscelavano per dare vita ad una realtà unica e irripetibile; in ciascuna tonnara lavoravano un centinaio di marinai per tutto il periodo della campagna di pesca (centoventi giorni in media), e altre migliaia di persone operavano nell’indotto, bottai, mastri calafati, rigattieri, operai addetti alla cottura e alla salagione, barbieri, "acqualori". Un mondo incantato che ha affascinato gli studiosi di biologia, di economia e di antropologia. Oggi in Sicilia sopravvivono solo due tonnare, entrambe nei mari di Trapani, e qualche timido tentativo di riesumare impianti già spenti da anni, sull’onda di un misero incentivo regionale, non lascia adito a grosse speranze. La più antica e produttiva, ma anche più sconosciuta, delle tonnare superstiti, quella di Bonagia, che ancor oggi con una media i oltre mille tonni a stagione assicura lavoro e benessere a decine di famiglie. La tonnara di Bonagia conserva ancor intatto il suo fascino fatto di uomini semplici e veri, di storie mai raccontate e di immagini non inquinate dalla presenza di turisti, di canti mormorati a labbra socchiuse e non gridati verso i registratori accesi. E conserva soprattutto quell’enorme patrimonio umano e culturale che altre attività antiche hanno perduto in favore di un malinteso senso della modernità. Da Bonagia, passando per Valderice ci aspetta Erice che rappresente anche la fine ideale del nostro viaggio. Un pranzo a base di Cuscus è quindi obbligatorio prima di percorrere gli ultimi 300 km che ci separano da casa. Un weekend bellissimo, fatto di strade spettacolari, di circa 1100 km percorsi. Mentre poso la Caponord in garage la guardo con un occhio diverso: una moto diventa davvero tua quando ti ha portato in viaggio in posti incantati.